La Colonna Infame di Milano rappresenta un oscuro capitolo della storia cittadina, legato alla peste del 1630 e alle ingiuste accuse rivolte a presunti “untori”.
Il Contesto Storico
Nel 1630, Milano era devastata da una grave epidemia di peste. In un clima di paura e superstizione, si diffuse la credenza che alcuni individui, detti “untori”, diffondessero intenzionalmente il contagio applicando sostanze infette su muri e porte.
Il Caso di Gian Giacomo Mora e Guglielmo Piazza
In questo contesto, Guglielmo Piazza, commissario di sanità, fu accusato da una donna di nome Caterina Rosa di aver sparso unguenti pestilenziali. Arrestato e sottoposto a tortura, confessò falsamente e implicò il barbiere Gian Giacomo Mora come complice. Anche Mora, torturato, confessò crimini mai commessi. Entrambi furono condannati a morte e giustiziati il 1º agosto 1630. La casa di Mora fu demolita e, al suo posto, fu eretta la “Colonna Infame” come monito pubblico.
La “Storia della Colonna Infame” di Alessandro Manzoni
Alessandro Manzoni approfondì questa vicenda nel saggio “Storia della Colonna Infame”, pubblicato nel 1840 come appendice ai “Promessi Sposi”. L’opera analizza criticamente il processo, evidenziando l’ingiustizia delle accuse e delle condanne, e riflette sull’abuso della tortura e sulla responsabilità morale dei giudici.
La Rimozione della Colonna
Nel 1778, durante l’amministrazione austriaca, la Colonna Infame fu demolita, riconoscendo l’errore giudiziario e l’ingiustizia commessa. Oggi, una targa commemorativa in via Gian Giacomo Mora ricorda la vicenda, riportando una citazione di Manzoni che sottolinea la colpa derivante dall’ignoranza volontaria
Riflessioni
La storia della Colonna Infame rimane un monito contro la superstizione, l’ingiustizia e l’abuso di potere. Evidenzia l’importanza della ricerca della verità e della giustizia, soprattutto in tempi di crisi.